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DORMONO... SULLE COLLINE
Domenica, 29 Settembre 2019, 17:00
Contatto 3392532921 - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
 
 

ore 17.00 / 18.30 / 20.00 itinerante a gruppi, prenotazione consigliata: cell. 339/2532921

ideazione, selezione e adattamento testi di Pietro Giovannini

con Patrizia Camatel, Dario Cirelli, Fabio Fassio, Elena Romano

musiche dal vivo di Tiziano Villata

regia Fabio Fassio

 

durata dello spettacolo: atto unico di 60'

 

Promo YouTube

 

 

GALLERY

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PREMESSA

“L’Antologia di Spoon River” è un libro di poesie scritto da un avvocato fallito dell'Illinois che parla della provincia americana a cavallo tra XIX e XX secolo, e lo fa dando la parola ai morti.

Un libro anarchico, libertario e straordinariamente struggente.

"L'Antologia di Spoon River" di E.L Masters uscì in Italia nel 1943, editore Einaudi, traduzione di Fernanda Pivano.

Circa vent'anni dopo un giovane cantautore genovese scelse dieci poesie e ne fece un disco, riscrivendole da capo e aggiungendoci molto della sua sensibilità. "Non al denaro, non all' amore né al cielo" è forse il disco più bello di Fabrizio De André e contiene anche un'imperdibile prefazione di Nanda Pivano.

Oggi, a vent’anni dalla scomparsa di De André, il Teatro degli Acerbi, ispirato dall’idea di Pietro Giovannini, giornalista e esperto conoscitore del territorio astigiano e langarolo, desidera omaggiare il grande patrimonio paesaggistico, architettonico, culturale e umano raccolto nei più bei cimiteri del Monferrato e della Langa attraverso questo spettacolo itinerante fatto di parole e musiche immortali.

 

IL PROGETTO

Vi è certo un enorme patrimonio paesaggistico nascosto tra le colline Unesco di Monferrato e Langa, e in questo patrimonio una prospettiva poco frequentata e quasi mai osservata pur nella sua struggente bellezza è proprio quella in cui sorgono le ultime dimore dei nostri antenati.

I cimiteri non sono i luoghi dei morti, ma piuttosto i luoghi di chi era vivo, di chi lo è ancora nel nostro ricordo, proprio perché ha profondamente vissuto e dunque ancora ritorna nei nostri pensieri.

I cimiteri sono innanzitutto il luogo della memoria: la nostra memoria collettiva che più e meglio definisce il concetto di paesaggio culturale di ogni altro segno dell’uomo su queste colline.

“Dormono... sulle colline” non è uno spettacolo macabro, non è uno spettacolo che parla di morte ma un inno alle vite dei nostri antenati, i monfrin come i langhèt, tutte ugualmente nobili e degne di essere raccontate. Soprattutto di essere ricordate perché i personaggi di Masters sono universali, archetipici e quindi queste poesie ci parlano di storie in cui tutti possiamo ritrovare familiarità: la Comédie Humaine come l’avrebbe chiamata Balzac, a cui Masters sarebbe senz’altro piaciuto, come piacque a Pavese e a Pivano e a Fenoglio.

Un filo rosso corre lungo il ‘900 attraverso questo straordinario libro di epitaffi e noi abbiamo voluto riprenderlo quel filo come fosse un testimone e tirarlo su queste colline in una rilettura personale ma proprio per questo universale.

Abbiamo voluto osare fino in fondo riprendendo il testo di Lee Master splendidamente tradotto dalla Pivano, per adattarlo ai nomi, ai luoghi e ai fatti delle nostre terre!

Se mai ci fosse stato bisogno di dimostrare la grandezza di questo poeta americano, questo è senz’altro il modo migliore: difatti così facendo il suo testo si disvela per tutta la potenza narrativa e più ancora evocativa che ancora contiene intatta.

Sì: l’Antologia di Spoon River era un libro rivoluzionario e tremendamente moderno e lo resta ancora oggi anche se Knowlt Hoheimer per noi è Fermo Beltramo e la battaglia di Missionary Ridge, in cui muore per primo, è allora quella di Calatafimi.

Spoon River intanto diventa l’immaginario villaggio di Rocca Rotonda ma comunque tutto quadra, tutto corrisponde, perché alla fine quella che conta è l’umanità, questa grandiosa sfilata di uomini, donne coi loro vizi, i loro gesti e le loro debolezze, tutti ormai oltre la vita e quindi spogli di ogni ipocrisia, di ogni calcolo. Loro ci raccontano nudi per la prima volta la Verità ma sono le nostre vite di cui alla fine ci parlano. E sono queste che noi vogliamo cantare con questo lavoro.

 

Quattro attori e un musicista appaiono e scompaiono tra le tombe, conducendo a gruppi gli spettatori in un percorso tra le lapidi di pietra, gli alberi e i cespugli che da soli compongono la più perfetta delle scenografie. Le note e le parole in un cimitero hanno più peso perché si è più disposti all’ascolto, si è più abituati al silenzio; e le note e le parole risuonano più pure invitandoci ad alzare lo sguardo verso il paesaggio, verso i luoghi dove queste persone che ci parlano abitavano e animavano: vite tragiche o monotone, insignificanti, piene di cose da fare ma tutte ugualmente riassunte qui ed ora.

La riflessione è sulle nostre radici ma anche sul significato della vita in generale, del lavoro e della morte, è la costituzione temporanea di una “comunità verticale” dove viventi e vissuti per un’ora celebrano le proprie storie.

Crediamo che questo lavoro sia necessario, anche come ponte tra le Langhe e l’Astigiano e come strumento di turismo alternativo, culturale, con cui poter scoprire pievi romaniche e tombe ottocentesche poste nei luoghi più suggestivi e panoramici delle nostre colline. A tal proposito vale la pena citare un famoso estratto dal Diario di Beppe Fenoglio sui cimiteri delle Langhe che chiude il cerchio di questa avventura letteraria in una parabola profetica e straordinaria.

 

“Certo è che il camposanto vecchio di Murazzano mi ha fatto potentemente invidiare il grande spunto di E. L. Masters. (…) Il nuovo giace in un punto così aperto ai venti che la peggior tramontana spezza a metà le lapidi. (…) Sempre sulle lapidi, a me basterà il mio nome, le due date che sole contano, e la qualifica di scrittore e partigiano. Mi pare d’aver fatto meglio questo che quello. E non ci sarà pericolo che il vento spezzi la mia lapide, perché giacerò nel basso e bene protetto cimitero di Alba. C’è stato un tempo in cui sognavo di diventare un grand’uomo unicamente all’effetto di poter scegliere la mia sepoltura. Ed in quel tempo m’ero quasi deciso per il piede d’un pino, nella pineta del Piano della Bossola.”

 

RECENSIONI

“Una narrazione che va tutelata, sperimentata e gustata. (...)

Significativo il fatto che chi vuole può cantare assieme agli attori.

(...)

«Dormono sulle colline» del Teatro degli Acerbi è una proposta che ha spiazzato alcune persone, ma ha anche trovato un enorme consenso. Tanto che alla prima a Montegrosso non tutti coloro che avrebbero voluto assistere sono potuti entrare. Già solo questi elementi, oltre alla scelta dello spazio, inusuale ma non del tutto inedito, permettono alcune riflessioni."

(...)

Camminare fra le tombe, ascoltando storie dure o delicate, ironiche o tristi, recupera un senso di rispetto per quelle vite che hanno preceduto o affiancato la nostra che è andato perso in una consuetudine sempre più formale e secolarizzata. E farlo in un cimitero di paese, in cui la dimensione è più contenuta, meno alienante rispetto a quella della città, significa restare concentrati sulle origini. E alla narrazione dell’archetipo si aggiunge anche la dimensione della comunità, del rapporto umano travolto e dimenticato dalla vita metropolitana.

(...)

Niente di macabro o di irriguardoso, dunque, ma l’esatto contrario: significa osservare (e rispettare) la vita per quello che è. E se anche la nostra cultura vorrebbe rimuovere la questione della fine, occorre riconoscere che è una faccenda che riguarda tutti.”

Carlo Francesco Conti, La stampa

 

“E’ un percorso che sa di passioni, di rivalità e di debolezze umane quello attraverso cui Fabio Fassio, Patrizia Camatel, Elena Romano, Dario Cirelli, accompagnati dalla chitarra di Tiziano Villata, conducono gli spettatori in mezzo alle lapidi, alle tombe storiche.

(...)

Tutti sono legati e tutti compongono un quadro riconoscibile e vero, di una verità che sa di magia, si dilata in canto a più voci, ritorna parola e si nutre di immagini che scorrono, mentre la grandiosa opera di Masters sembra nata qui, in terra di Langhe.”

Nicoletta Cavanna, Radio Gold

 

COMMENTI

Straordinaria suggestione ieri notte allo spettacolo “Dormono ...sulle colline “fatto vivere dal Teatro degli Acerbi nel piccolo cimitero di santo Stefano a Montegrosso d’Asti. Un omaggio all’antologia di Spoon River e alle canzoni ispirate di Fabrizio De Andre’.

La luna, le luci delle lampade votive, le lanterne degli attori emozionanti e coinvolgenti Patrizia Camatel, Dario Cirelli, Fabio Fassio,

Elena Romano e di Tiziano Villata alla chitarra. Tutto ha contribuito a sorprendere e colpire.

Bellissima Idea di Pietro Giovannini. Da non perdere quando sarà replicato.

Sergio Miravalle

 

Ho avuto la fortuna di poter essere fra coloro che han seguito lo spettacolo "Dormono sulle colline". Titubante all'inizio poiché ho un brutto rapporto con la morte. Siamo entrati in punta di piedi nel silenzio più assoluto, poi la musica e quelle voci, le stelle...la bravura degli attori...ed è stata Magia. Uno di quegli spettacoli che ti spiace che finiscano. Non volevo uscire da quel Cimitero. Si respirava vita. Bravi. Bellissimo.

Daniela Maschio

 

Luogo Cimitero, Castagnole Monferrato (AT)
 

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